Il cibo italiano sale sul tetto del mondo!

Nei dati più analitici relativi al commercio mondiale i prodotti agro-alimentari e le bevande sono raccolti in circa 700 voci statistiche regolarmente censite dalle organizzazioni internazionali. Nel 2012 tali voci erano 704 e, secondo una analisi della Fondazione Edison, in una settantina di esse l’Italia occupava la prima, seconda o terza posizione al mondo per miglior bilancia commerciale con l’estero, con un surplus complessivo riferito a questi prodotti pari a 21 miliardi di dollari.
Tra i primi posti eccellenti dell’Italia nella graduatoria mondiale di bilancia con l’estero troviamo per valore del saldo attivo: paste alimentari, cioccolata non in tavolette, derivati del pomodoro, mele, carni suine conservate. Tra le seconde posizioni: vini e spumanti, caffè torrefatto, prodotti di panetteria e pasticceria industriale, uva da tavola. Tra le terze posizioni: salse e condimenti, gelati, lattuga. Insomma, quello che nell’ideale collettivo è il “cibo” italiano, cioè il mangiare e bere bene, che, assieme al tema della sicurezza alimentare, sarà al centro dell’attenzione di tutto il mondo in occasione dell’Expo 2015.
Un patrimonio, quello del “cibo” italiano, che potrebbe avere ancor più successo nel commercio internazionale se l’Italia fosse più forte nel settore della grande distribuzione e se il cosiddetto Italian sounding non sottraesse impropriamente, spesso in modo fraudolento, rilevanti quote di mercato ai nostri prodotti. Inoltre, con una politica commerciale più aggressiva (che sinora è mancata ma che nel 2015, grazie al piano di finanziamenti per la promozione del “made in Italy” varato dal Governo italiano, forse comincerà finalmente ad operare), è fondamentale poter crescere in nuovi mercati (es. la Cina) o anche in mercati maturi non ancora sufficientemente battuti (es. gli Stati Uniti).
La qualità del “cibo” italiano è ai vertici mondiali e ciò può spingere ulteriormente l’export. Lo dimostra una stima elaborata da Fondazione Symbola secondo cui sono ben 120 i prodotti in cui l’Italia si colloca ai primi tre posti al mondo per valore medio unitario del prodotti agro-alimentari scambiati a livello internazionale. Inoltre, l’Italia ha il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario: siamo, infatti, il Paese più forte per prodotti “distintivi”, con 264 prodotti Dop e Igp (a cui si aggiungono 4.698 specialità tradizionali regionali), seguiti a distanza da Francia, 207, e Spagna, 162. Nel settore vino, inoltre, l’Italia può contare su ben 332 Doc, 73 Docg e 118 Igt. E poi c’è il biologico: siamo i primi in Europa per numero di imprese, tra i primi al mondo per superficie e tasso di crescita. Sono tutti dati riportati in un recente studio dal titolo “10 verità sulla competitività italiana. Focus sul settore agro-alimentare”, realizzato congiuntamente da Fondazione Symbola, Fondazione Edison e Confcommercio per Coldiretti.
Il “cibo” è anche un volano importante per lo sviluppo del nostro Mezzogiorno. Secondo l’Eurostat, per valore aggiunto nel settore agricoltura, foreste e pesca, il Sud Italia è la seconda macroregione della Ue dopo il Bacino parigino e le nostre Isole sono al quattordicesimo posto. Nel grano duro, in cui l’Italia è prima nella Ue per valore della produzione ai prezzi base, il Sud è la prima macroregione produttrice d’Europa e le Isole occupano il terzo posto. Nei vegetali freschi, in cui l’Italia è prima produttrice davanti alla Spagna, il Sud Italia è la seconda macroregione Ue. Nella frutta fresca, in cui Spagna e Italia si contendono il primato, il Sud Italia è la quinta macroregione Ue. Negli agrumi, in cui l’Italia è seconda dopo la Spagna, le nostre Isole sono al secondo posto nella Ue e il Sud è quarto. Infine, nell’olio d’oliva, il Sud Italia è secondo tra le macroregioni produttrici europee e le Isole sono settime.
L’Italia è forte nei prodotti mediterranei e nell’industria alimentare e delle bevande. È invece deficitaria per le materie prime e i prodotti a debole trasformazione come latte, carne fresca, pesce. Nel 2013, secondo l’Istat, l’Italia ha esportato 5,9 miliardi di prodotti agricoli, animali e della pesca (principali nostri mercati: Germania, Francia, Austria e Svizzera). L’export italiano di prodotti dell’industria alimentare è stato invece di 20,8 miliardi (con Germania, Francia, Regno Unito e Usa come quattro prime destinazioni). A ciò si aggiunge l’export di vini e bevande, pari a 6,7 miliardi (Usa, Germania, Regno Unito e Svizzera sono i primi quattro nostri mercati).
La bilancia commerciale italiana del 2013 è stata negativa per i prodotti agricoli, animali e della pesca per 6,5 miliardi di euro. Ha invece chiuso in positivo per i prodotti alimentari e delle bevande a 1,4 miliardi. Nei primi dieci mesi del 2014 l’export di prodotti alimentari è cresciuto del 3,1% rispetto allo stesso periodo del 2013; quello di bevande è aumentato dell’1,5 per cento. Per contro, è diminuito del 2,2% l’export di prodotti agricoli e degli allevamenti. Secondo Federalimentare, il peso delle esportazioni sul fatturato dell’alimentare è, in 10 anni, aumentato di quasi il 50%, passando dal 14% del 2004 al 20,5% del 2014. Ma c’è ancora molto spazio per crescere. Le prospettive 2015 dell’export di settore sono migliori dei consuntivi 2014. Federalimentare stima un livello di crescita 2015 del +5,5%, quasi doppio di quello 2014, analogo a quelli segnati nel biennio 2012-13. Merito della migliore intonazione di molti mercati emergenti, dell’ottima dinamica della congiuntura Usa e della spinta di Expo.
Arrivederci,

DAVIDE R.

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